Oggi vi racconterò la storia criminale di Salvatore Riina, detto Totò (Corleone, 16 novembre 1930 – Parma, 17 novembre 2017), un criminale italiano, boss di Cosa nostra e considerato il capo dell'organizzazione dal 1982 fino al suo arresto, avvenuto il 15 gennaio 1993.
Ritenuto il più potente, pericoloso e sanguinario componente di tutta Cosa nostra in quegli anni, talvolta menzionato come il capo dei capi. Veniva indicato anche con i soprannomi U Curtu, per via della sua bassa statura (158 cm) , e La Belva, per indicare la sua brutalità sanguinaria.
Nato a Corleone in una famiglia di contadini il 16 novembre del 1930, nel settembre 1943 Riina perse il padre Giovanni e il fratello Francesco (di 7 anni) mentre, insieme al fratello Gaetano, stavano cercando di estrarre la polvere da sparo da una bomba inesplosa, rinvenuta tra le terre che curavano, per rivenderla insieme al metallo. Gaetano rimase ferito, mentre Totò rimase illeso. In questi anni conobbe il mafioso Luciano Liggio, con il quale intraprese il furto di covoni di grano e bestiame e che lo affiliò nella locale cosca mafiosa, di cui faceva parte anche lo zio paterno di Riina, Giacomo.
A partire dal dicembre 1995, Riina è stato rinchiuso nel supercarcere dell'Asinara, in Sardegna. In seguito è stato trasferito al carcere di Marino del Tronto, ad Ascoli Piceno, dove, per circa tre anni, è stato sottoposto al carcere duro, previsto per chi commette reati di mafia (41-bis), ma il 12 marzo del 2001 gli viene revocato l'isolamento, consentendogli di fatto la possibilità di vedere altri detenuti nell'ora di libertà.
Proprio mentre era sottoposto a regime di 41-bis, il 24 maggio 1994, durante una pausa del processo di primo grado a Reggio Calabria per l'uccisione del giudice Antonino Scopelliti fu raggiunto da Michele Carlino, giornalista di un'agenzia video (Med Media News), al quale rilasciò dichiarazioni minacciose contro il procuratore Giancarlo Caselli e altri rappresentanti delle istituzioni, lamentandosi delle severe condizioni imposte dal carcere duro. L'intervento di Riina causò l'apertura di un provvedimento disciplinare da parte del Consiglio Superiore della Magistratura contro il pubblico ministero Salvatore Boemi, accusato di non aver vigilato sul detenuto.[51] Dopo pochi mesi dalle dichiarazioni del boss corleonese il regime di 41-bis (allora valido per soli tre anni, decorsi i quali decadeva la sua applicabilità) è stato rafforzato mediante vari interventi legislativi volti a renderlo prorogabile di anno in anno.
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