Il 26 marzo del 1973 la donna diede in adozione Daniela Moliari, oggi malata di tumore: ha deciso di restare anonima ma di sottoporsi al Dna per darle una speranza per le cure contro il tumore
La notte del 26 marzo del 1973 una donna lasciò una bambina appena nata sulla soglia dell'orfanotrofio delle suore di Rebbio, in provincia di Como. Le religiose la chiamarono Daniela Simoni. Due anni più tardi diventò Molinari, dal nome della famiglia di Milano che la adottò. Nove mesi prima di quel 26 marzo quella donna subì una violenza
sessuale. Decise di portare avanti la gravidanza ma il dolore che dovette sopportare spiega il perché dopo quella notte non volle sapere più niente di Daniela e fece in modo che niente la riconducesse a lei nemmeno in futuro. Eppure, le strade hanno trovato il modo di incrociarsi nuovamente quando quella mamma ha visto il volto di Daniela Molinari su tutti i giornali e tutte le televisioni, disperata e con i giorni contati a causa di un tumore al seno andato in metastasi colpendo i linfonodi. Un volto sconosciuto, traviato dalla chemioterapia, impossibile da riconoscere ma non il suo racconto. I pochi indizi forniti ai media in un disperato appello per la ricerca della madre naturale riconducevano proprio a lei. Non per una ragione sentimentale ma per questione di sopravvivenza.
Infatti, i medici che la tengono in cura da tre anni, dopo aver studiato a fondo la sua malattia, le hanno proposto una terapia sperimentale. Nessuna certezza di guarigione, solo una chance, un'ultima carta da giocare messa a punto in America e praticata in Svizzera che però si basa sulla mappatura genetica del paziente. «Era necessario che ritrovassi la mia mamma naturale. Con un semplice prelievo mi avrebbe dato una possibilità di sopravvivere» racconta oggi Daniela, infermiera psichiatrica di 47 anni e madre di due figlie, una di 23 e l'altra di 9 anni.
Il Tribunale dei minori di Milano riesce nell'impresa, rintraccia la naturale di Daniela e la convoca riservatamente per esporle la situazione e proporle di sottoporsi a un prelievo per il test del Dna. Il 12 aprile i giudici consegnano la risposta a Daniela: negativa. «Mi dissero che la signora aveva rifiutato di togliere l'anonimato ma aveva negato anche di sottoporsi al prelievo di sangue. In quell'occasione sono venuta a sapere che sono stata il frutto di una violenza. Ho provato a immaginare il suo dolore ma ormai l'unica speranza di sopravvivere non ce l'avevo più. Mi sono chiesta se il diritto all'anonimato di una persona potesse superare il diritto alla vita di un'altra».
Da lì è iniziata la disperata corsa contro il tempo di Daniela, tempo speso a fare interviste e a lanciare appelli alla mamma naturale: «Per piacere, cambia idea». Solo qualche giorno fa è riuscita ad avere il suo consenso. Il Tribunale l'ha informata che il 3 maggio la signora si è sottoposta al prelievo.... ( Antonio Crispino / Corriere Tv ). Guarda il video su Corriere: https://video.corriere.it/cronaca/dan...